L'INTERVISTA

Robert De Niro racconta la sua vita e la sua carriera nel programma Inside The Actors Studio condotto da James Lipton

Intervista

 

1° parte

 

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Sito a cura di Luca Balduzzi
Ultimo aggiornamento:
sabato 18 marzo 2023

J: Ogni generazione di attori è simboleggiata da uno o due talenti. Sappiamo che nel XIX secolo Kean, Salvini e la Duse trasformarono in modo indelebile il metodo di recitazione dell'epoca. Identifichiamo in Olivier e Brando gli attori che hanno cambiato le regole e migliorato lo standard della propria generazione. Ora, alla fine del XX secolo, diventa sempre più chiaro che in questo elenco di pionieri figura anche l'ospite di questa sera : Robert De Niro.

L'INFANZIA

J: Fino a questo momento, l'ospite che era cresciuto più vicino alla nuova scuola in cui ci troviamo adesso era Whoopy Goldberg, che è nata a Chelsea, a otto isolati a nord, però credo che ora il record di vicinanza sia tuo. Dove sei nato, Bob?

R: Sono nato nel Village e sono cresciuto a qualche isolato da qui.

J: A che indirizzo?

R: Non lo so l'indirizzo. Lo sai tu. Non me lo ricordo... so che palazzo fosse, ma non so...

J: Ora fa parte della scuola?

R: Sì.

J: L'indirizzo è Bleecker Street 200. I nostri studenti dell'ultimo anno hanno una compagnia di repertorio al civico 159 di Bleecker Street. Allora il Greenwich Village era come ora un fertile terreno culturale. E Bob più di qualsiasi altro nostro ospite proviene da una famiglia molto interessante, colta e innovativa. Entrambi i tuoi genitori erano pittori.

R: Esatto, sì.

J: Dove si erano conosciuti? Immagino che si siano conosciuti in una scuola di belle arti, no?

R: Credo che si siano conosciuti alla Hans Hoffman's School.

J: E il nome di tua madre? Aveva un bellissimo nome!

R: Virginia.

J: Il cognome?

R: Admiral.

J: Era un'ottima pittrice, no? (R: Sì) Aveva avuto la possibilità di studiare a Parigi. Uno dei suoi quadri è stato acquistato dal museo d'arte moderna, no?

R: Da Peggy Guggenheim. Del museo non sono sicuro, però potrebbe essere vero.

J: Anche tuo padre era...

R: Sì. Papà era un ottimo pittore.

J: Ha avuto successo? Che genere espressivo preferiva?

R: L'astrattismo, l'espressionismo, il figurativismo. Era... voglio dire, adoro i suoi quadri e li ho esposti nei ristoranti che ho finanziato.

J: Ricordi com'era la vita nel Village?

R: Beh, era molto differente (rispetto a oggi, ndr). Soho era molto diverso.

J: E come?

R: Era una zona completamente industriale e nessuno immaginava che fosse un luogo in cui si potesse vivere. C'erano magazzini, fabbriche e cose di questo genere. Abitavamo in un loft che era veramente una soffitta di un magazzino.


GLI INIZI

J: Qual è stata la tua prima esperienza recitativa?

R: Ho seguito un corso di recitazione a dieci anni.

J: Eri ne Il mago di Oz?

R: E' la prima cosa che ho fatto.

J: Negli anni '30, questa università accolse circa 400 artisti e studiosi provenienti dall'Europa. Fra loro c'era Piscator (Erwin Piscator, ndr). Fondò il laboratorio drammatico qui alla New School, proprio su questo palcoscenico.

R: Su questo palcoscenico?

j: Su questo palcoscenico, proprio dove sei seduto tu in questo momento. Ma ai tuoi tempi era già partito, no?

R: Era tornato in Germania dopo la guerra. Una volta lo andai a trovare. Devo aver avuto 19 o 18 anni. Andai a Berlino est, per salutarlo, perchè conoscevo sua moglie.

J: Come facevi a conoscere sua moglie?

R: Mia madre lavorava per lei. Ecco perchè entrai nel laboratorio teatrale. Mia madre batteva a macchina e correggeva le bozze per lei. E in cambio seguivo il corso di recitazione del sabato.

J: Quanti anni avevi?

R: 10. Poi la cosa non m'interessò più. Però a 15 o 16 anni tornò ad interessarmi e ricominciai.

J: Dove?

R: Sempre al laboratorio. Avevo 16 anni. Poi smisi per circa 6 mesi. E ricominciai ancora una volta a 18 anni. Lavoravo con Stella Adler.

J: Quando è venuto Harvey Keitel abbiamo parlato molto di Stella. E' stata la mia insegnante. E, senza il minimo dubbio, la sua influenza è stata determinante per me.

R: Era un'ispiratrice. Era non oppositrice ma contraria all'Actors Studio. Non approvava il "metodo" come opposto alla tecnica recitativa, a Stanislavskij, alla creazione del personaggio. E credo che questo sia veramente importante per tutti gli attori, non vedo come sia possibile recitare senza le tecniche. Era un po' pomposa, ma alla fine dei giochi...

J: Uno splendido cerimoniale, è vero!

R: Era molto... Era un ottima insegnante, molto brava. La stimo molto perchè mi ha influenzato in modo positivo, ed ha... non diceva di usare le proprie patologie o cose così, diceva che bisognava partire dal personaggio. Si esamina il personaggio e poi si scopre. Il contrario di dire "Io sono così e io farei così, ecc."... Si comincia dal personaggio. Poi non si deve tradire il testo, il copione. Ho visto fare solo da lei un'analisi strutturale del testo. L'analisi strutturale del copione è un'ottima scuola. Per vedere le cose come sono davvero da una foto a un testo o quello che vuoi ed analizzare i suoi componenti. Prendere le informazioni dal testo, senza fare voli di fantasia. Fare delle scelte basate sulle informazioni raccolte dal testo. Quando studiavo con lei, ha detto una cosa che non ho dimenticato, forse l'ha detto anche a te, cioè che il talento sta nelle...

J: Giusto, nella scelte!

R: Nelle scelte... questo mi ha molto influenzato. Mi è rimasto molto impresso. Sì, è vero, proprio così!

J: Che vuoi dire quando dici che sei convinto, forse legato a quello che hai detto ora di doverti guadagnare il diritto di interpretare un personaggio?

R: Beh, il fatto è che... se vuoi stare a tuo agio in un ruolo devi analizzare a fondo il personaggio e naturalmente il testo. Devi avere più informazioni possibili. Se vuoi essere a tuo agio, che è l'ideale, non funziona sempre così, ma se cerchi di essere il più aderente possibile a quel personaggio o alla tua interpretazione di quello che è il personaggio, questo ti darà anche dei momenti di grande incertezza. Come quando stai improvvisando qualcosa, ti darà le informazioni per capire come deve reagire il personaggio. Questo per me è l'ideale : conoscere a fondo il testo e il personaggio.

J: Credi che lo studio delle tecniche sia importante per gli aspiranti attori?

R: Credo che sia importante, sì. Voglio dire, mettiamola in questo modo: se non hai le tecniche ti manca qualcosa secondo me. A meno di non avere un istinto fenomenale e... Un istinto fenomenale è una bella cosa, ma se non hai delle tecniche formali non avrai mai una visione d'insieme. Devi sapere chi sei e cosa vuoi, è molto importante.

J: Quando si dovrebbe cominciare secondo te? A quale età?

R: Credo che si possa cominciare da bambini, se il bambino lo vuole. E' vero che il bambino non ha esperienza, ma la tecnica non è... Secondo il mio modo di vedere non ha niente a che fare con l'esperienza.

J: Quello che interessa di più ai 206 attori, registi e scrittori del nostro pubblico, che studiano per il master al MFA dell'Actors Studio... Che cosa ti ha portato allo Studio? E una domanda cruciale per loro!

R: Sono finito all'Actor Stduio per merito di un amico, Allen Garfield. Allen Goorwitz aveva cambiato il nome in Allen Garfield per fare l'attore, lavorammo insieme in una scena di un film, intitolato Ciao America o Hi, mom!, di Brian De Palma.

J: Sì.

R: Beh, Allen faceva... ci serviva qualcuno per fare il regista di film porno...

J: Hi, Mom!?

R: Era Hi, Mom!.

J: Confessa!

R: Allen venne allo Witney Museum, e improvisammo una scena. Per me è un esempio classico di azione/reazione. Allen faceva l'azione, voleva vendermi qualcosa, e io dovevo solo reagire a lui e ai suoi metodi di vendita. E' una delle scene che preferisco in quel film! Lui studiava all'Actors Studio e mi convinse a venire ad assistere alle lezioni come osservatore, poi conobbi Shelley Winters e feci con lei... in quel priodo, o poco dopo, stavamo facendo il casting de Il clan dei Barker, e Shelley era la protagonista, e mi presentò Roger Corman. Così feci quel film e poi... e poi Shelley scrisse una piece teatrale...

J: Ce l'ha raccontato quando è venuta qui...

R: Davvero?

J: Sì, è molto fiera di te. Pensa di averti influenzato quando entrambi eravate allo Studio.

R: Sì, è vero, lei era... Shelley era entusiasta dello Studio, e lo è ancora!

J: Hai mai fatto un provino per entrare nello Studio?

R: Non esattamente ma... feci la piece di Shelley, così loro... fu una specie di provino.

J: Sei una vergine... come dici nei tuoi film, sei una vergine dello Studio...

R: Sì, lo dico. E' sarcasmo!

J: Credo che sia doveroso dirti che tanto sangue entra e tanto esce!

R: Già!

De Niro in tre scene da Hi, mom!, Il clan dei Barker e Batte il tamburo lentamente

LEE STRASBGER

J: Cosa hai avuto da Strasberg?

R: Strasberg... mi è stato di grande aiuto. Quello che mi piaceva di più erano i seminari con i registi. Perchè i registi hanno una mistura di esperienza e praticità.

J: Giusto!

R: Il regista è uno che dice: "Facciamo questa cosa in questo modo!" e alla fine lo devi fare!

J: Giusto!

R: E prima impari che alla fine lo devi fare davvero, e prima lo fai. E poi, come direbbe Stella, cazzeggiare un po', per un ora o due e fare un sacco di cose. Non voglio criticare nessuno, è solo che anch'io avevo paura di fare qualcosa all'inizio, pensavo di dover sentire un'emozione per fare qualcosa e a volte... a volte c'era... Da Stella c'era un insegnate di lettura a vista di nome Charles qualcosa&... che diceva... "A volte bisogna tuffarsi". E aveva proprio ragione perchè se mi tuffavo e lo facevo, se mi gettavo a capofitto, arrivavo ad un punto che credevo ci volessero tante elucubrazioni per toccare ed invece ero lì! Ci crediate o no, così imparai una cosa: non ci si deve coccolare tanto, bisogna gettarsi e farlo, se fai un errore puoi sempre rifare la scena finchè non è tutto giusto.

J: Con Batte il tamburo lentamente inizia la tua serie di film maggiori. Come ti sei preparato per il ruolo di Bruce Pearson in Batte il tamburo lentamente? E' un giocatore di baseball

R: Lui è della Georgia, così andai in Georgia a parlare con la gente. E registrai le loro idee sul copione, la loro interpretazione del copione, e lo feci fare a un sacco di gente per sentire le variazioni del... del loro accento georgiano.

J: Perciò hai detto loro che eri un attore, no?

R: Sì, non volevo nascondermi.

J: E l'hai fatto per un motivo preciso?

R: Io sono sempre molto onesto con la gente, perchè così la gente ti aiuta volentieri ed è più sincera con te di quanto non lo sia con chi non è onesto con loro.

J: Nel film il tuo personaggio dice che è uno che non ha cervello...

R: Sì.

J: Il tuo personaggio non è intelligente, ma io non ho mai avuto l'impressione che tu facessi la parte dello scemo, che disprezzassi il personaggio.

R: Non lo disprezzavo. E' la prima lezione di recitazione. Non si discute... e non si disprezza un personaggio, a meno che non sia il personaggio a disprezzarsi!

J: Capisco...

R: Sì. Hai delle ragioni per fare quello che fai e le razionalizzi e ti giustifichi, e la maggior parte della gente fa sempre così. E' la prima cosa! Stavo scegliendo i vestiti del personaggio in guardaroba, e la guardarobiera chiacchierava e, diciamo, prendeva in giro il personaggio. Le dissi: "Non voglio dire non... per favore, ti prego, non ne parlare così! A me deve piacere questa persona, e non credo che sia come dici tu!" La verità è che lei mi irritava un bel po' in quel momento, perchè il suo prenderlo in giro non mi aiutava affatto a trovare il personaggio. E credo che sia molto importante anche per il costumista...

J: Rispettare il personaggio?

R: ... Rispettare il personaggio, esatto

J: Nel 1973, Bob iniziò con un regista una lunga collaborazione che non ha eguali nella storia del cinema. Vuoi dire agli studenti come hai conosciuto Martin Scorsese?

R: Ci siamo conosciuti tramite un amico comune alla fine del... quando? credo che fosse nel '71 o nel '72.

J: Nel 1973

R: Nel '73. Ci siamo conosciuti da Jay Cox, che era un critico cinematografico, allora, per il Time Magazine, ma Marty e io c'eravamo conosciuti da piccoli.

J: Eravate vicini di casa?

R: No, andavo a giocare vicino a casa sua. Comunque avevo visto Chi sta bussando alla mia porta e gli dissi: "E' un film bellissimo e centra perfettamente le cose! E' una tranche de vie!" e così via. Abbiamo parlato un po' e mi ha detto che qualche mese dopo avrebbe fatto il film Mean streets e perciò... lui mi chiese se avrei fatto una parte e io dissi: "Ma certo!" C'erano quattro personaggi scoperti, non quello di Harvey Keitel, che...

J: Era già assegnato?

R: Era di Harvey e io gli dissi: "Secondo me dovrei fare io la tua parte!" Beh, era vero, gli ho detto la verità. E lui mi disse: "Tu dovresti fare Johnny Boy!", e io gli dissi "Sì!"

J: Avete fatto le prove in quel film?

R: Sì, le abbiamo fatte. Abbiamo fatto le prove e abbiamo improvvisato alcune scene.

J: In che senso avete improvvisato? Avete preso il copione e poi?

R: Si possono fare molti tipi di improvvisazione, ma noi abbiamo seguito un metodo misto... cioè, improvvisavamo una scena, ma poi la fissavamo. Non si può improvvisare ogni volta. No, si può fare anche così, ma bisogna sempre fissare punti in cui si possono accettare le variazioni.

J: Perciò improvvisi all'interno di una struttura?

R: La struttura è fondamentale.

J: Scorsese vi incoraggiava?

R: Sì.

J: Lui crede nell'improvvisazione, no?

R: Lui ci crede, e i film che abbiamo fatto insieme sono diversi per questo

J: Capisco... ricordo che fui molto colpito quando vidi il film. Dal fatto che il tizio che ti sparava alla fine era Scorsese!

R: Sì, era Marti!

J: Ha deciso di spararti di persona?

R: Sì. Che gran figlio di...

J: EH?!

R: L'avevo dimenticato, ma hai ragione!