L'INTERVISTA

Intervista

 

2° parte

 

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Sito a cura di Luca Balduzzi
Ultimo aggiornamento:
sabato 18 marzo 2023

Il Padrino-Parte II

J: Nel 1974, un anno dopo Mean Streets, Bob vinse l'Oscar come miglior attore non protagonista per la sua interpretazione del giovane Vito Corleone. Il tuo lavoro in quel film è straordinario per un gran numero di ragioni. Primo hai completato un ritratto che era stato disegnato in un modo mirabile da Brando nel primo Padrino soltanto due anni prima.

R: Questo non mi ha intimidito, per me era un problema da... mi piaceva il fatto di avere limiti e di dovermi allacciare a qualcosa di fatto. Non dovevo cercare qualcosa, era già lì, dovevo solo continuare a farlo. Così dovevo studiare il Padrino, a quei tempi c'erano delle videocamere a nastro. Così io e i propduttori andammo al cinema e puntammo la videocamera verso lo schermo, facemmo una copia del film perciò potei guardare parecchie volte tutte le scene di Brando. Ho sudiato e analizzato il film e ho trovato i punti di raccordo.

J: Un'altra cosa straordinaria della tua recitazione è… va bene hai vinto l'Oscar, tutte le tue battute eccetto tre sono in italiano.

R: Sono andato in Sicilia e sono rimasto tre settimane e mezzo, lì ho parlato con la gente. Sono stato avvantaggiato dal fatto che ho detto loro che lavoravo ne Il Padrino-Parte II2 e lì conoscevano il film.

J: Un'altra anomalia de Il Padrino è che tre attori ottennero la nomination, succede spesso così per l'Oscar al migliore attore non protagonista. Tra i tuoi rivali c'erano due attori del film tra cui Lee Strasberg.

R: Sì, è vero, avevo dimenticato anche questo.

J: Quando vinse Bob, Strasberg disse "Bobby se lo merita". E se lo meritava davvero! E il bello deve ancora venire, gente!


Taxi Driver

J: Nel 1976 Travis Bickle entrò nella nostra vita come una bomba. L'eroe di Taxi Driver. So che ti sei preparato in modo insolito per quel ruolo...

R: Ho guidato un taxi per due settimane.

J: Quanto hai guadagnato?

R: Non mi ricordo. Vorrei ritrovare la mia licenza di auto pubblica, perché non si sa mai.

J: Avevi preso la licenza?

R: L'ho presa e…

J: Dovevi prenderla per forza?

R: Sì, ma non la trovo più.

J: E' vero che un attore ti ha detto "Hai vinto un Oscar e già guidi un taxi?"

R: Bè, no. Ogni tanto qualcuno mi ha riconosciuto, poche persone però. Quando ero da Stella ho dovuto lavorare molto con gli animali. Imitavamo un sacco di animali.

J: Ho letto che tu e Scorsese parlavate dei personaggi in termini di animali.

R: Non ricordo se abbiamo parlato, ma io ho sempre visto il personaggio come un granchio: uno che va di traverso ed è goffo.

J: Come sarebbe di traverso? Non guardava in faccia?

R: No, il fatto è che il granchio per me è… non è perché non guardava in faccia. Granchio per me significa muoversi secondo le tangenti. Non vanno direttamente al punto, ma loraggiungono di traverso, specialmente la scena in cui Harvey Keitel sta sulla porta, hai presente? E io, io dico una battuta che ho sempre amato, volevano taglairla e io dissi che è stupenda. Lui dice, no io dico,: "Sono dei tuoi! E lui: "Buffo, sembri uno degli altri".

J: Giusto, giusto. Scorsese disse che avevi passato un enorme quantità di tempo da solo nella tua roulotte durante le riprese del film. E' vero?

R: Di solito passo molto tempo nella roulotte per non sprecare energie. E' una cosa mia...

J: Sì.

R: Gli altri fanno… usano altri modi per scaricare la tensione. A me piace stare da solo. Perché se no…

J: Che fai nella roulotte? Non pensi più al film o continui a lavorare?

R: Dipende, ogni film è diverso. A volte… se è un ruolo di un certo tipo o una sequenza particolare voglio stare da solo senza distrazioni, altre volte sono lieto di avere i miei figli nella roulotte con me, perché a volte non mi disipiace non pensare più al film per un po'. Poi torno sul set e recito, il mio lavoro di preparazione è già finito quando comincio il film. Se non conosco già bene il ruolo non posso recitarlo. Quello che non faccio mai è preoccuparmi di come fare, perché questo mi rende ansioso e il mio personaggio appare soltanto ansioso non si sa per che cosa.

J: Quante cose di Travis erano nel copione e quante ne hai inventate tu?

R: Abbiamo improvvisato, abbiamo fatto dei video durante le prove. Ricordo che abbiamo fatto così e poi abbiamo fissato certe cose e riscritto certe scene per svuotarle o riempirle.

J: Capisco.

R: Anche se ci piaceva il copione. Aveva un certo ritmo, un certo stile terso, caratteristico di Schrader. Sentivamo che aveva bisogno di qualcosa in più e l'abbiamo riempito.

J: Doveva essere fin dal principio Scorsese il passeggero che ti faceva guardare sua moglie?

R: No, no, l'attore che doveva fare quella parte ebbe un incidente. Stava girando un altro film e così Marty lo fece: fece la scena.

J: Disse che gli avevi dato una grande lezione di recitazione. Quale?

R: Non mi ricordo. Bè lo sapete.

J: Quando ti disse di abbassare la bandierina e tu non lo volevi fare.

R: Sì.

J: Gli hai detto "Lo farò se riesci a costringermi".

R: Sì, sì, Marty ha un greande rispetto per gli attori, che è una cosa molto importante se vuoi che diano il meglio.

J: Sì, è vero che una delle scene memorabili degli ultimi 25 anni, è descritta dal copione con sole 5 parole in parentesi: Travis si guarda allo specchio. Non c'era dialogo, no?

R: Ma forse c'era, abbiamo improvvisato anche quella scena.

J: E cos'hai aggiunto?

R: Sai… ormai sapete a memoria la risposta, no?

J: Lo dici o no?

R: No, impossibile, non lo dirò mai, non lo voglio dire.

J: Perché?

R: Non mi va.

J: Ora come vedi Travis: un cattivo demente o un eroe visionario?

R: Ho solo pensato che fosse qualcuno in cui la gente potesse… Paul Schrader, Marty e io abbiamo pensato di poterci identificare. Nel personaggio, nella sua solitudine e cose così. Io sono nato a New York, vivo a New York e mi sento isolato lo stesso. Ci sono stati dei momenti in cui mi sono sentito molto solo e alienato. Era una cosa del personaggio e nostra. Sai, la scena in cui si parla allo specchio è un qualcosa che sono certo fa anche un sacco di gente, perciò è una cosa in comune col personaggio.

J: L'ultima scena è molto ambigua. Quella in cui Cybil Shepherd sale sul taxi. Lui è molto educato con lei, non accetta i suoi soldi e se ne va sorridendo lievemente. Credi che si senta in pace alla fine del film? Non l'ho mai capito.

R: Non lo so, è una cosa interessante, mi chiedo… penso che sarebbe interessante fare un film su di lui 20 o 30 anni dopo.

J: Come mi piacerebbe vederlo!

R: Sarebbe interessante. Non so se ne abbiamo mai parlato, ma è un idea interessante.

J: Travis 30 anni dopo, sarebbe interessante. Quel film ha vinto la Palma d'oro al festival di Cannes, De Niro fu proclamato miglior attore dalla critica di New York, di Los Angeles e della national Society of Film Critics. Eri innarrestibile. top


Toro scatenato

J: Quando i critici di america votarono il miglior film degli anni'80 vinse Toro scatenato. Il film ti riunì a Martin Scorsese, fu un idea sua o tua?

R: Lessi un libro mentre giravo "Novecento" e pensai che era un libro interessante e lo dissi a Marty. Gli dissi: "Non è scritto bene, ma è scritto col cuore". Era un mio vecchio desiderio fare la parte di un pugile. Questo era un pugile che aveva perso il controllo e si era ingrassato. Era ossessionato dal peso e… succede ai pugili a volte…

J: Certo.

R: Devono dimagrire, sai in tutta la sua vita ha perso… ha preso e perso 900 chili o una cosa così. Mi sembrava interessante vedere il disfacimento interno ed esterno. Più sta male dentro e più ingrassa e va fuori di forma.

J: Hai lavorato con La Motta?

R: Ho lavorato molto con lui.

J: Come?

R: Cercavamo sempre di capire che tipo d'uomo fosse, che persona fosse.

J: Perché?

R: Sai, è molto difficile chiedere alla gente come è davvero dentro. Chiedere loro di esser onesti e di dirti di loro, finché a un certo punto, mi resi conto che Jack cercava di essere il più onesto possibile. E penso che sia riuscito ad esserlo. Poi però ce ne siamo dovuti impadronire.

J: Dopo averlo allenato come pugile La Motta ha detto questo di Bob: "Se smettesse di recitare ne potrei fare facilmente un campione".

R: Sono cose carine che si dicono. Ma ha chiesto alla United Artists un sacco di soldi per delle sedute da un dentista e per una costola rotta.

J: Jake?

R: Cosi ha detto?

J: E' vero?

R: Non mi ricordo. Lui è un vero duro e diceva: "Coraggio colpiscimi, colpiscimi". Io non volevo colpirlo, non aveva la maschera o il paradenti, niente.

J: Allora forse gli hai rotto una costola.

R: No, non l'ho fatto, no. Bè, non so cosa ho fatto. Joe Pesci, io… è molto facile.

J: Pesci ha avuto una costola rotta?

R: Sì, ma eravamo così preoccupati che qualcuno si facesse male.

J: Non è stato Pesci a raccomandare Cathy Moriarty che aveva 16 anni?

R: Sì, lui raccomandò Cathy, l'aveva conosciuta nel Bronx.

J: Lei disse che aveva imparato, disse: "Bobby mi ha insegnato ad ascoltare". Quanto è importante ascoltare?

R: E' essenziale, sai… è semplice: quando recitano, gli attori molto spesso pensano e io lo so, perché ho lo stesso problema a volte, di non fare abbastanza. Alcuni non riescono mai ad avere fiducia in sé stessi e a capire se quello che fanno è sufficiente, se non hai niente, da fare non fare niente, come si fa nella vita.

J: Giusto…

R: Basta ascoltare o rispondere o annuire o cose così.

J: Delle molte scene straordinarie nel libro e nel film, nessuna è più emozionante di quella in cui ti metti finalmente a fuoco… in cui Jake concentra la sua furia di gelosia sul fratello. So che quella scena è stata girata in una stanza molto piccola perché Marty voleva che tutto fosse vero perciò non poteva usare due cineprese e se voi due volevate improvvisare alcune cose non si sarebbero viste perché la cinepresa era su di te e non su Pesci.

R: Sì.

J: Quando lo accusi di andare a letto con tua moglie lui reagiva benissimo la prima volta…

R: Giusto.

J: E quando toccava a lui la reazione era finita. Non hai cambiato la battuta?

R: Sì, è una cosa che avrei fatto, non mi ricordo cosa ho detto, ma l'ho fatto.

J: L'hai accusato di andare a letto con sua madre?

R: Posso aver detto qualcosa per turbarlo.

J: Ah sì?

R: Sì.

J: Lo sentiremo per sempre, è nel film.

R: Già, ecco. Bè, è una scena emotivamente molto importante, è ovvio no…

J: Hai mai chiesto a un partner di sorprenderti?

R: Sì.

J: L'hai chiesto davvero?

R: Ho chiesto di parafrasare le battute di cambiarle di andare a ruota libera perché avevo sentito le battute tante volte che non avevano più effetto, solo per mostrare al regista qualcosa di diverso, dargli una scelta. Chiunque fosse il mio partner, gliel'ho chiesto.

J: So che hai detto questa storia tante volte, ma è fondamentale. Hai smesso di lavorare nel bel mezzo del film per ingrassare. Come hai fatto a ingrassare?

R: Ho mangiato enormi colazioni, pranzi e cene. Sai i primi 7 chili vanno da soli ed è divertente, ma poi è un sacrificio.

J: Quanto sei ingrassato? Perché alla fine facevi schifo.

R: Ho messo su 27 chili e mezzo.

J: Già. Ricordate come era al principio del film, ogni muscolo era una scultura.

R: E per avere un contrasto mi sono tenuto più in forma che potevo in modo che il progressivo ingrassamento fosse terribile.

J: Il contrasto c'è, sì, il contrasto fruttò a Bob sia l'Oscar che il Golden Globe come miglior attore. Hai ritirato di persona i premi, no?

R: Sì.

J: Chi hai ringraziato? E' stato molto interessante.

R: Ho ringraziato mio padre e mia madre… mi pare anche…

J: Hai ringraziato La Motta e il suo…

R: Certo. E tutti no… e suo fratello anche se ci aveva fatto causa.

J: Guardi i giornalieri quando giri?

R: Lo faccio spesso, a volte no perché voglio vedere come sarà alla fine, per godere della persona. La leggenda vuole che sia un male guardare i giornalieri, ma non per me.

J: Cambi la recitazione da un ciak all'altro?

R: Questo è il bello del cinema. Puoi cambiare o fare delle scelte… specialmente con Marty Scorsese. Ci siamo divertiti molto. Perché lui è molto coraggioso ed è disposto a provare di tutto. top


Quei bravi ragazzi e Cape Fear

J: Tu e Scorsese avete iniziato gli anni '80 con un capolavoro, Toro Scatenato, e li avete terminati con un altro, Quei bravi ragazzi. Perché il pubblico è così affascinato dai criminali come Jimmy Conway?

R: Credo che sia perché sono al di fuori della legge e però la sfidano. Citando un altro film Il Padrino, credo che sia anche perché a quell'epoca c'erano organizzazioni criminali che sfidavano l'autorità, ma avevano anche un etica più salda. "Il Padrino" era una versione romantica della mafia, ma l'atteggiamento verso la famiglia era vero. Credo che questo affascini il pubblico.

J: Un film che amo moltissimo è Cape Fear-Il promontorio della paura. E' stato il tuo settimo film con Scorsese: è tempo di chiederti se voi due parlate molto sul set? Non voglio sapere cosa vi dite, ma ti chiedo cosa vi date l'un l'altro, perché è qualcosa di unico.

R: Credo di essere stato fortunato di aver trovato un regista con cui ho potuto lavorara tante volte con immenso piacere. E' una gran bella cosa trovare una persona così. Noi ci comprendiamo benissimo e comunichiamo quasi con niente.

J: Ti vuoi spiegare meglio?

R: Abbiamo la stessa sensibilità, guardiamo una cosa e io dico:"Guarda, dico, e dico, bè, ecco che ne penso, mi sembra uguale a quella di ieri o due anni fa, ricordi?". Ti raccontavo questa cosa che mi è successa, siamo molto onesti l'uno con l'altro, onesti emozionalmente, sì è basilare, cose che non diresti agli altri, cose del tipo io provavo quest'emozioni. Così proviamo a ricreare. Per me il film parla di questo e questo è il significato della scena. Allora come io ho fatto questo o quello, ho sentito questo o quello. Allora come lo mettiamo in quella scena, perché parla di quello. E così che ci si impadronisce di una scena che la si rende personale. E lui è sempre pronto a… dice: "Sì, favoloso, facciamola così". Insomma…

J: Lui dice che la domanda più importante che vi fate è "Ti suona giusta?". E se la risposta è no, cominciate a scavare.

R: Esatto. Analizziamo la scena, di che parla, a cosa serve, se porta avanti la storia. Cerchiamo di capire lo scopo della scena.

J: C'è una scena in Cape Fear in cui Max Cadie finge di esser un insegnante di recitazione, per attirare la figlia quindicenne del suo nemico in un teatro deserto. Mi vengono ancora i brividi a pensarci. Poi lei capisce chi è e dice "Tu sei Max Cadie", e lui la seduce lo stesso.

R: Ho detto a Marty "Fammi provare una cosa" perché volevo coglierla di sorpresa.

J: Ancora sorprese?

R: Già... top


Bronx

J: In quasi tutte le nostre serate c'è una sorpresa, stavolta la nostra sorpresa è stata enorme e meravigliosa, è un bellissimo film ben scritto, recitato e diretto: Bronx. Hai fatto un passo che sembrava ormai inevitabile: hai diretto un film. Cosa ti ha fatto decidere di essere maturo per farlo?

R: Beh, ho sempre voluto fare il regista e… alla fine ho capito che se non l'avessi fatto subito non l'avrei mai più fatto. Poi vidi Chazz Palminitieri in uno show da solo, era straordinario.

J: Gli hai dato un ruolo perfetto per lui.

R: Ho pensato che era bravo e che sarebbe stato bravissimo nel ruolo. Ma ho anche pensato che se avessi fatto io quella parte mi avrebbe creato dei problemi sostenere anche il ruolo di regista. Il padre è una parte più piccola e potevo… era importante che recitassi per trovare i fondi per il film, ma non ce l'avrei fatta a fare il protagonista e il regista insieme.

J: Alla fine del film, il padre e il figlio si comprendono in modo assai delicato e sensibile, mentre si allontanano insieme il film finisce e sono rimasto colpito e turbato da quello che appare sullo schermo.

R: E' una dedica a mio padre. Non so se parlavi di questo...

J: Sì. Di colpo l'artista dedica il film a suo padre. Era ancora vivo a quel tempo?

R: Era già morto.

J: Quando?

R: Qualche mese prima, perciò non ha visto neanche il premontaggio.

J: Così gli hai mandato un messaggio. top